Raccontare se stessi, le proprie esperienze, le proprie emozioni, attraverso un oggetto che ci accompagna da lungo tempo e che ci ha fatto - e ci fa - da compagno di strada. La persona resta sullo sfondo, ma non per questo più indefinita o sfocata...
In primavera, ogni primavera, ma non solo, torno ad usare quella che è stata la mia prima macchina. Rientro in garage, la faccio lavare, e la guardo brillare al sole. Poi, cavo le chiavi di tasca - una per gli sportelli, una per la benzina e la terza per l'accensione -, apro la capotte e via. La mia Mini British Open Classic riprende la strada. Ogni borbottio - anche incerto - del motore ha il rumore dei miei 20 anni e della loro splendida leggerezza, anche se poi, a volte è come se entrassi con il bisturi nei meandri della mia malinconia: momenti ed emozioni riappaiono trasfigurati in ricordi, ora silenziosamente sopiti, ora più o meno allegramente riemersi. E sono davvero tanti: le immagini si sovrappongono e si confondono lucide e vivide al suono metallico delle punterie, come se una macchina potesse raccontare ogni istante trascorso insieme. E anche gli anni trascorsi lontani. Perché per un periodo - che a pensarci sembra lunghissimo -, siamo stati lontani. Sì, a guardarla così, se non fosse per quella livrea inconfondibilmente anni '60, sembrerebbe appena uscita da un concessionario, ma come spesso accade, non sempre è oro tutto quel che luccica. C'è stata un tempo per infatuarsi, uno per condividere; poi il tempo dell'abbandono e infine la rinascita. Avevo venti anni e il mondo davanti: studente a Roma e tanti progetti per l'avvenire. Non potevo comprare una macchina qualunque. Non ricordo più nemmeno come, ma, dopo Fiat, Volkswagen, Ford, sono finito in un concessionario Rover. Quella vetturetta piccola, dalle curve sinuose, anche trentacinque anni dopo la sua presentazione, esercitava un fascino straordinario. Non potevo rinunciarci. Gli anni dell'università, i primi amori, i primi lavori; interminabili viaggi verso la Calabria, sotto il sole - e di aria condizionata manco a parlarne -, in coda sull'autostrada. Quanti pensieri, quanti sogni, quante ambizioni ho condiviso con lei! Poi, dopo otto anni, nel volgere di pochi mesi piccoli incidenti da traffico mi convincono a cambiare auto: forse mi avrebbe fatto anche comodo dare quella Mini un po' malridotta al concessionario, ma non ho avuto cuore di venderla per comprare la mia prima Volvo, nè, tantomeno, di rottamarla. Ero troppo affezionato, troppo legato ai ricordi e alle emozioni che suscitava in me. Così una sera di novembre, spengo il motore e parcheggio sotto casa, promettendo - a me stesso e a lei - che un giorno sarebbe rinata. Non sapevo che sarebbero passati quattro anni, prima di tornare a guidarla. Non immaginavo che, rinvio dopo rinvio, la pioggia dell'autunno avrebbe spazzato via varie volte la polvere dell'estate. La guardavo furtivo, evitando di passarle davanti, quasi un po' imbarazzato per il tempo che passava e rinviava il momento in cui avrei ripreso a guidarla. Quando mi tornava in mente mi assaliva la malinconia e cercavo di riporla in un cantuccio del cuore. Trascorse così un'altra estate: tornato dalla Calabria, la carrozzeria fiammante della Volvo sdrideva violentemente con quella impolverata di quella piccola macchina abbandonata sotto il sole cocente di agosto. Qualcuno le aveva anche strappato uno specchietto, senza darsi troppo la briga di smontarlo. La guardai ferito e fu quello il momento in cui decisi che era arrivato il momento. Lasciai il bagagliaio della S60 carico e corsi in edicola a compare Porta Portese: lì avrei certo trovato le parti della carrozzeria che mi servivano. Nulla è per caso: sulla Cassia vendono una intera Mini, da usare per pezzi di ricambio. Duecento euro per una Seven dalla carrozzeria immacolata. Nonostante sia agosto convinco il mio carrozziere - meglio avere un amico che essere ricco! - ad andarla a prendere. Il ghiaccio è rotto, ma ancora non ho idea di cosa sia esattamente un restauro a regola d'arte. Sandro è un carrozziere straordinario: smonta l'"altra" Mini, cannibalizza i pezzi necessari e poi riporta a metallo l'intera auto e la rivernicia. I tempi sono tutt'altro che brevi, ma rivederla fiammante è un'emozione non da poco. Capisco ben presto che sono entrato in un tunnel: un altro Sandro - non meno bravo - tappezza sedili e sportelli. Resta solo da rivedere la meccanica. E Sandro - un altro ancora, il terzo ma non per bravura - ci si dedica con passione e competenza: nuovi coni di gomma, nuovi filtri, una revisione generale di meccanica e ciclistica. I corrieri provenienti dall'Inghilterra diventano di casa da me. Passano settimane, anzi mesi. Ogni notte, tornato dal lavoro, prima di andare a letto, le dedico qualche ora, improvvisandomi meccanico, tappezziere, gommista. Cinque anni dopo avermi portato al lavoro per l'ultima volta della sua prima vita, la mia Mini riprende la strada tra lo stupore dei passanti e con il suo carico di emozioni e di ricordi che il tempo non può cancellare. |