Ho impiegato parecchio tempo a realizzare questo sito, non tanto per le difficoltà tecniche - che pure ci sono state -, nè per le scelte grafiche - in due occasioni completamente stravolte -, ma più probabilmente per un dubbio inconscio sulla sua utilità.
In fondo, nella società contemporanea, affetta da una bulimia cronica di comunicazioni - più o meno volute, più o meno percepite - le informazioni corrono senza nemmeno bisogno di un nostro contributo. Cellulari, palmari, computer hanno smesso la funzione di strumento di lavoro o di gioco per far parte intimamente della nostra vita, superando in immaginazione ciò che Orwell paventava con giusto timore.
Così, fin troppo spesso, il processo comunicativo si sviluppa a prescindere dalla nostra volontà e, a volte, trova una diffusione così capillare da essere incontrollabile.
Serve davvero, dunque, un sito personale? La risposta è certamente sì, se si vuole cedere ad una vena narcisistica e istrionica. Ma questa risposta - che pecca di superficialità -, a me - che pur ammetto una certa vanità intellettuale -, non poteva soddisfare. La domanda, quindi, in una sorta di analisi introspettiva, è diventato questione - nell'accezione etimologica del termine -, assumendo contorni via via più marcati, sino a risalire alla necessità di comunicare in una società sempre più globalizzata e sempre meno dedita ai rapporti interpersonali. Ogni giorno, infatti, trascorriamo un tempo significativo, davanti alla televisione on demand o ai dvd, al computer (qui non necessariamente inteso come strumento di comunicazione), ai videogiochi, riducendo proporzionalmente, quanto inesorabilmente il tempo da dedicare alle comunicazioni interpersonali. O forse, non è neppure una questione di tempi: le telefonate sono sempre più numerose e lunghe, il numero delle mail è aumentato in modo sconsiderato ed è inutile parlare degli sms... Quello che manca è piuttosto il contatto interpersonale, quello umano: avviluppati alle nuove tecnologie riduciamo progressivamente il tempo da dedicare alle comunicazioni dirette quelle che cioè ci consentono di guardare negli occhi il nostro interlocutore, senza l'ausilio di una cam (!): i contatti interpersonali - intesi appunto nell'accezione classica del termine - diventano sempre più rari e frammentari, rendendo la vita di ciascuno di noi un po' più solitaria. E a questa introversione tecnologica pongono riparo solo in parte i social media: troppo tipizzati e tipizzanti perchè possano far trasparire emozioni e sentimenti non livellati, nè appiattiti allo standard - e vorrebbe da dir moda - del presente. Seguendo questo filo di ragionamento - forse confuso, forse incompleto - ho assecondato l'istinto e ho completato il sito, affiancando un blog, per creare uno strumento per comunicare emozioni, sentimenti, idee. Certo non sostituisce il tatto, gli odori, la percezione delle emozioni che solo un contatto senza intermediari - digitali - consente, ma altrettanto certamente rappresenta uno sfogo comunicativo, senza troppi limiti alla fantasia e alla mia personalità.
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